L’olivo come tutte le piante è soggetto agli attacchi dei parassiti e delle malattie causate da virus, batteri e funghi. In questa guida pratica faremo una panoramica generale sulle fitopatologie che causano danni all’olivo. Per ogni patologia o insetto, troverai un link che porta ad una descrizione più completa, non avendo su questa scheda tecnica la possibilità di trattare per intero ogni singolo argomento. Ti invitiamo quindi ad approfondire l’argomento che ti interessa cliccando sugli appositi link. Per favorire e velocizzare il riconoscimento, ogni agente di malattia o di danno è descritto con foto ed immagini. La scheda tecnica è divisa in due sezioni che sono: agenti di malattia (virus e funghi) e agenti di danno (insetti).
Sommario
Agenti di malattia: malattie fungine
L’olivo è colpito da una vasta categoria di funghi. In ordine di importanza andiamo ad analizzare quali sono e che rimedi applicare per prevenirli e curarli.
Occhio di Pavone o Cicloconio
L’occhio di pavone o cicloconio è la più importante micosi dell’olivo ed assieme alla rogna dell’olivo è tra le malattie che più influiscono sul benessere dell’oliveto. Questa malattia fungina è causata dal fungo Spilocaea oleagina. I sintomi sono estremamente caratteristici e ben riconoscibili. Sulle foglie di olivo il fungo si manifesta con la formazione di macchie circolari di colore grigiastro più scure al centro e circondate da un alone giallo (vedi foto sotto).
Nelle situazioni più gravi tutto il resto della foglia di olivo ingiallisce e le foglie sono soggette a filloptosi (caduta).
Le condizioni che favoriscono l’attacco dell’occhio di pavone sono rappresentate da periodi piovosi o alta umidità relativa e temperature di almeno 5°C . Il fungo rimane attivo praticamente tutto l’anno fermandosi solo per brevissimi periodi quando le temperature sono o troppo basse o troppo alte, difatti la temperatura ideale di crescita è compresa tra i 12 e 15 °C.
La cura contro l’occhio di pavone si avvale principalmente dell’utilizzo del Rame (vedi qui scheda tecnica prodotto), utilizzabile al momento del superamento della soglia di intervento che potrebbe essere stimata intorno al 30% di foglie infette (vedi questo prodotto). In genere contro la Spilocaea oleaginea sono consigliabili due interventi, rispettivamente un trattamento verso la fine dell’inverno-inizio primavera e il secondo trattamento dopo le prime piogge autunnali.
Per la scheda tecnica completa della malattia e per altre soluzioni ti invitiamo a leggere la nostra scheda tecnica completa che trovi cliccando qui.
La piombatura o cercosporiosi dell’olivo
E’ una grave malattia causata dal fungo Mycocentrospora cladosporioides, questo è ampiamente distribuito nella maggior parte delle regioni olivicole del mondo. Questa malattia è particolarmente importante in quanto causa la caduta delle foglie e la parziale defogliazione dei rami, che indeboliscono gli alberi e riducono la produzione.
La malattia può richiedere diversi anni prima che diventi in una particolare località abbastanza grave da causare danni economici. I primi segni di cercosporiosi si manifestano con macchie grigie sulla pagina inferiore delle foglie che sembrano essere ricoperte da polvere nera o una muffa fuligginosa (vedi figura sottostante)
La pagina superiore delle foglie nei primi stadi della malattia si presenta normale o al massimo leggermente decolorita. Con il progredire della piombatura, le foglie ingialliscono facendo apparire le foglie clorotiche (alcune varietà mostrano più clorosi di altre) o sviluppano zone disseccate sulla foglia poste in zona apicale o marginale (vedi figura sotto).
Le foglie infette infine cadono, provocando in alcuni casi una defogliazione parziale della pianta.
I trattamenti a base di sali rame (qui sceda tecnica) sono attualmente gli unici autorizzati per il controllo della piombatura dell’olivo. È necessario considerare le prime applicazioni subito dopo la fioritura. Vedi elenco prodotti utilizzabili alla fine della scheda tecnica.
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Lebbra dell’olivo
E’ una malattia causata del fungo Colletotrichum gloeosporioides che colpisce i frutti causando gravi danni in determinate condizioni climatiche e su particolari varietà di olivo.
Le drupe colpite da questo fungo manifestano depressioni di colore scuro dall’aspetto marcescente (vedo foto sotto) e il frutto colpito nella sua evoluzione può o cadere a terra o disidratarsi e rimanere attaccato alla pianta formando le così dette mummie.
Questa malattia è presente in tutto il territorio nazionale ma causa particolari danni al sud.
Il fungo a primavera è in grado di insidiare i fiori e i frutticini in allegagione rimanendo in una fase latente e senza manifestare sintomi visivi. In autunno, con il verificarsi delle condizioni ambientali ideali, si manifestano i sintomi come descritti sopra. Questa fase è definita infezione primaria. Dai frutti colpiti da infezione primaria il fungo genera i conidi, che essendo organi di diffusione, andranno a causare successive infezioni. Queste si presentano con gli stessi sintomi descritti generando più cicli riproduttivi. Questa infezione più veloce e pericolosa è detta infezione secondaria. Le mummie rimaste sull’albero in questa fase sono lo strumento con il quale il fungo sverna per l’anno successivo, inoltre attraverso il peduncolo della drupa il fungo si può diffondere e svernare nel ramo creando così disseccamenti nei rami colpiti.
Da ricordare che la mosca dell’olivo è un mezzo di diffusione di questa patologia.
Per il contenimento di questa malattia si attuano trattamenti a base di sali di rame, ricordando che i trattamenti contro l’occhio di Pavone hanno effetto anche contro la lebbra dell’olivo. Dal punto di vista agronomico si devono evitare sesti di impianto troppo stretti e attuare potature che permettano una eccellente areazione della chioma. Da sottolineare l’importanza varietale con varietà come Pendolino e Leccino particolarmente resistenti.
Marciume radicale fibroso (Armillaria mellea)
L’olivo può essere facilmente attaccato dal fungo polifago e cosmopolita Armillaria mellea, dai più conosciuto come il fungo che produce i chiodini o famigliola buona.
Sulle piante attaccate questo produce il così detto marciume radicale fibroso che determina l’indebolimento delle piante a la successiva morte. Generalmente sono attaccate le piante già deperite per altre cause o sottoposte a forti stress ambientali. Questo fungo è in grado si arrecare danni a tantissime specie arboree e arbustive tra cui vite, olivo, drupacee a tantissime altre.
Gli olivi posti in terreni asfittici e in presenza di ristagno idrico o scarso drenaggio sono i più suscettibili a questa malattia. Il fungo si diffonde nell’ambiente tramite due vie principali, tramite le basidiospore prodotte dai carpofori (i funghi visibili esternamente, vedi foto sotto) o tramite il contatto diretto delle ife provenienti da una pianta già attaccata posta nelle vicinanze. Il fungo può sopravvivere ne terreno come ifa o come rizomorfa fino a tre anni e quindi è consigliato, prima di procedere a nuovi impianti su terreni colpiti, la semina di piante non suscettibili come graminacee o brassicacee.
Il primo sintomo di una pianta affetta da marciume radicale fibroso è la sua stentata crescita e lo sviluppo di foglie giallo cloridrico. Un successivo controllo del colletto radicale mostra la presenza di corteccia facilmente asportabile sotto la quale si sviluppa un feltro miceliale bianco (vedi foto sotto) che il più delle volte cresce nella così detta forma a ventaglio unito ad un forte odore di fungo.
Nelle fasi avanzate della malattia e specialmente nei periodi piovoso il fungo sviluppa i classici carpofori riuniti in mazzi chiamati comunemente famigliole o chiodini.
La lotta prettamente di tipo agronomico consiste nell’evitare condizioni di asfissia radicale, eliminare tempestivamente gli apparati radicali infetti e distribuire funghi antagonisti come il Trichoderma (vedi qui).
Verticillosi (Verticillium dahliae)
E’ una malattia causata da un fungo che presente nel terreno attacca le piante di olivo sfruttando le lesioni dell’apparato radicale. L’agente patogeno prende il nome di Verticillium dahliae ed è in grado di infettare numerose piante tra cui il pomodoro e di resistere nel terreno attraverso la formazione di microsclerozzi anche diversi anni. Lesioni delle radici causate da lavorazioni del terreno ed insetti sono la via principale di ingresso di questo fungo nella pinata. Una pianta colpita manifesta disseccamenti di porzioni della chioma. Nelle prime fasi le foglie manifestano decolorazione ed aspetto bronzeo con tendenza ad avere un portamento cadente verso il basso. Sezioni longitudinali dei rami colpiti mostrano imbrunimenti interni. Infine, si ha la moria di ampie sezioni della chioma. Particolarmente gravi sono glia attacchi sui giovani impianti dove la malattia conduce a morte le giovani piante, su piante più mature invece difficilmente si manifesta la morte della pianta.
Il Verticillium dahliae è particolarmente aggressivo su alcune varietà di olivo come Ascolana a Leccino mentre altre manifestano una certa tolleranza come Coratina e Frantoio. Inoltre la sua capacità di sopravvivere per anni nel terreno lo rende particolarmente temibile nei nuovi impianti e re-impianti.
Non esistono agrofarmaci attivo contro questa malattia vista la sua eccezionale capacità di sopravvivere nel terreno a l’annidarsi nello xylema dell’olivo.
L’adozione di pratiche agronomiche corrette è attualmente l’unica forma di controllo indiretto di questa malattia, tra tali pratiche ricordiamo:
-evitare profonde lavorazioni del terreno al fine di evitare danneggiamenti alle radici.
-controllo dei predatori radicali come l’oziorrinco.
-evitare nuovi re-impianti su terreni precedentemente coltivati con specie suscettibili al Verticillium come pomodoro, peperone e melanzana.
-eliminare le porzioni di rami infetti e allontanare queste potature dall’oliveto o bruciarle immediatamente.
-prediligere nei nuovi impianti varietà tolleranti.
Agenti di malattia: malattie batteriche
Rogna dell’olivo
E’ una malattia batterica, i sintomi della rogna si manifestano su rami e branche, raramente vengono attaccate le radici. I sintomi risultano ben visibili e tipici, essendo costituiti da protuberanze tumorali tondeggianti o allungate di dimensioni variabili da pochi millimetri a diversi centimetri e caratterizzati da una superficie irregolare (vedi figura sotto).
L’attività del batterio Pseudomonas savastanoi è favorita da temperature miti ed elevata umidità. Il batterio non è in grado di penetrare attivamente nei tessuti della pianta, quindi si avvale di ferite o aperture di qualsiasi tipo per invadere la pianta. Particolarmente temute sono le gelate tardive che causano microferite nelle quali il batterio si insedia.
Una volta raggiunta un’apertura, il batterio si diffonde nella pianta attraverso il flusso linfatico e la malattia si manifesterà dopo un periodo di incubazione variabile da uno a qualche mese. Una volta penetrato il batterio, lo Pseudomonas savastanoi stimola la pianta di olivo attraverso la produzione di ormoni alla produzione incontrollata di cellule vegetali, formando le caratteristiche escrescenze o tumori che caratterizzano questa malattia.
la rogna dell’olivo non si può debellare al 100%, ma l’agricoltore deve conviverci e tenerla sotto la soglia di danno. La lotta biologica prevede accorgimenti agronomici e trattamenti con sali di rame (vedi qui). I rimedi agronomici prevedono la disinfezione dei materiali per la potatura e la raccolta con benzalconio cloruro o sali di ammonio quaternario (questi non corrodono gli attrezzi) oppure disinfettarli alla fiamma. In alternativa si può utilizzare l’ipoclorito di sodio (candeggina). I residui di potatura con presenza di rogna dell’ulivo vanno possibilmente distrutti con il fuoco o allontanati dall’oliveto.
I trattamenti ti a base di rame sono i mezzi più importanti, da effettuare dopo la raccolta e dopo la potatura, quindi nei momenti che più creano lesioni alla pianta. Inoltre per la cura è importante trattare tempestivamente dopo eventi atmosferici avversi come grandine, forti venti e gelate tardive.
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Xylella fastidiosa e disseccamento rapido dell’olivo
La malattia del disseccamento rapido dell’olivo, in sigla CoDiRO, è causata da quello che sembra un complesso di fattori tra i quali emerge anche il batterio Xylella fastidiosa. Questa malattia interessa in particolare le piante di olivo (Olea europea) e si manifesta con il disseccamento delle foglie, dapprima marginali, poi dell’intero lembo fogliare (vedi foto sotto). Successivamente si diffonde passando dai piccoli rami a porzioni più ampie della chioma, fino ad estendersi nella fase finale all’intera chioma.
L’albero colpito appare scheletrito, ma ancora vivo ed in grado di emettere polloni e nuovi germogli, destinati però a disseccare in breve tempo.
Si attribuisce la possibilità di trasmissione del batterio Xylella fastidiosa a l’insetto Philaenus spumarius, più comunemente noto come “sputacchina media”. L’adulto di questo insetto sarebbe stato individuato come possibile agente di trasmissione della malattia, in quanto, nutrendosi della linfa degli ulivi può trasportare il batterio dalle piante malate a quelle sane di olivo.
Non esiste cura contro questa malattia, gli alberi colpiti sono destinati all’abbattimento per legge.
Le linee guida per il contenimento e prevenzione dalla Xylella fastidiosa emanate dalla regione Puglia prevedono azioni di diverso tipo. Tra quelle agronomiche si incentiva al buono stato fisiologico delle piante di olivo, intervenendo sugli squilibri idrici e nutrizionali, ma soprattutto sul contenimento delle erbe infestanti nel tentativo di limitare la proliferazione dei pericolosi insetti vettori della malattia (cicaline e sputacchina).
Il complesso del disseccamento rapido dell’olivo è tutt’oggi un’emergenza di difficile gestione e alla quale molti esperti stanno lavorando al fine di trovare una soluzione.
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Agenti di danno: insetti
Cocciniglia mezzo grano di pepe
Questo insetto nell’ultimo stadio di crescita assume una conformazione che lo rende simile ad una mezza sfera di grano di pepe, sia nella colorazione che nella conformazione, caratteristica da cui prende il nome comune.
La cocciniglia mezzo grano di pepe si nutre attaccandosi alle foglie e ai rami della pianta ospite, succhiando la linfa dall’interno del tessuto vegetale. Quando le cocciniglie si nutrono, espellono una sostanza appiccicosa e zuccherina, chiamata melata, come prodotto di scarto. La melata cade dal sito di alimentazione e ricopre le foglie e i frutti della pianta ospite o delle superfici vicine, favorendo la crescita della fumaggine. Sebbene la fumaggine non sia tossica per le piante o gli esseri umani, può coprire le foglie, riducendo le capacità fotosintetiche della pianta e diminuendo il valore di mercato dei frutti e delle piante colpite.
La cocciniglia mezzo grano di pepe è predata da diversi predatori che ne tengono a bada la popolazione. Non sempre però il controllo biologico riesce a contenere l’insetto. Quando si sviluppano fuori controllo è necessario intervenire con dei trattamenti insetticidi.
L’uso degli insetticidi deve essere sincronizzato con la presenza del primo stadio di cocciniglia mezzo grano di pepe, che è quello più sensibile. Gli insetticidi non sono efficaci nel controllare gli adulti di cocciniglia perché le sostanze chimiche hanno estrema difficoltà a penetrare la parte esterna spessa e cerosa di questi insetti.
I prodotti da utilizzare in biologico sono l’olio minerale (qui scheda tecnica) e il piretro (qui scheda tecnica). In caso di forti attacchi e con presenza di melata, si consigliano lavaggi della chioma ad alti volumi con sapone molle di potassio (qui scheda tecnica). Importante è trattare alla fuoriuscita della primo stadio di vita dell’insetto, che è l’unico veramente sensibile agli insetticidi. Essendo la cocciniglia mezzo grano di pepe un nemico ostico i trattamenti andranno ripetuti a distanza di pochi giorni l’uno dall’altro.
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Oziorrinco
L’oziorrinco è un coleottero curculionide in cui l’adulto misura dai 7 ai 15 mm di lunghezza a seconda della specie. Sono insetti di colore scuro, generalmente neri con torace di forma semisferica dal quale diparte un capo allungato a forma di rostro. L’addome ha una forma ovale largo almeno 2 volte il torace. L’addome a seconda della specie si può presentare solcato, puntinato o con macchie colorate (vedi figura sotto)
L’adulto ha abitudini notturne e di giorno si ripara alla base del terreno coperto sotto un leggero stato di terra o di detriti vegetali. Di notte sale sulla pianta per nutrirsi delle giovani foglie sulle quali si nutre formando delle defogliazioni a forma di mezza luna partendo sempre dal bordo della foglia stessa.
Il ritrovamento di questi danni è il campanello d’allarme per segnalare la presenza dell’oziorrinco. Alcuni adulti tendono a rimanere sulle foglie delle piante anche di giorno, nascoste nel fitto della vegetazione e lontane dalla luce. In questi casi è possibile scuotere le piante nel tentativo di scovare la presenza degli insetti, anche se l’indizio principale della presenza di questo insetto è il ritrovamento dei danni di nutrizione sulle foglie.
Le larve di oziorrinco sono bianche e apode (senza zampe) vivono sotto terra e si nutrono di radici. Fuori dal terreno le larve, se non disturbate, assumono una forma del corpo incurvata detta a “C” e presentano un capo sclerificato molto evidente di colore rosso-arancione (vedi foto sotto). Le piante colpite manifestano rallentamento nella crescita, appassimenti nelle ore più calde e nei casi più estremi disseccano e muoiono.
La lotta contro l’oziorrinco viene effettuata solo in casi estremi e sono rari i casi in cui questo insetto provoca seri danni. Su olivo a volte più divenire dannoso anche il danno degli adulti che assume carattere economico specialmente sulle giovani piante.
Gli adulti possono essere catturati attraverso l’uso di semplici trappole. Queste consistono nell’avvolgere i tronchi degli alberi con un tessuto sintetico molto lanoso (per interdirci si usano i filtri delle cappe da cucina). Si avvolge il tronco con una striscia di circa 20 cm di tessuto ad un’altezza di circa un metro da terra. L’adulto di oziorrinco incontrando tale tessuto rimarrà impigliato in esso per via degli uncini posti sui tarsi dell’insetto.
In casi estremi gli adulti di oziorrinco possono essere eliminati con insetticidi a base di piretro (vedi qui scheda tecnica) miscelato a olio bianco (vedi qui)
Le larve invece possono essere eliminate con i nematodi entomopatogeni del genere Heterorhabditis. Questi nematodi una volta applicati al terreno andranno a cercare le larve di oziorrinco per parassitarle ed in fine ucciderle.
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Mosca dell’olivo
La mosca dell’olivo, detta anche mosca delle olive o mosca olearia, nome scientifico Bactrocera oleae è un insetto particolarmente dannoso per l’olivo.
Il danno della mosca dell’olivo è causato dalle larve di questo insetto che sviluppandosi sulla drupa, ossia l’oliva, scavano delle gallerie di alimentazione nel frutto (vedi foto sotto).
Gli adulti sono delle mosche (appartengono all’ordine dei ditteri) che hanno dimensioni di 4-5 mm. Presentano una caratteristica porzione giallo-avorio, denominata scutello, posta tra il torace e l’addome.
Le femmine di Bactrocera oleae presentano un evidente ovopositore posto nella parte terminale dell’addome, detto in questa specie ovopositore di sostituzione, attraverso il quale inseriscono le uova al disotto della cuticola della drupa di oliva. L’uovo di mosca delle olive è allungato, di colore bianco chiaro e lungo circa 0,7 mm.
Le larve di questa specie nutrendosi della polpa delle olive causano una degenerazione interna del frutto attaccato. Si ha un danno quantitativo in quanto la mosca dell’olivo si nutre di una grossa parte della polpa della drupa, sottraendo così significative porzioni di frutto alla produzione di olio con conseguente diminuzione di resa in olio. Inoltre i frutti pesantemente attaccati dalla mosca dell’olivo sono soggetti a cascola precoce con perdita totale delle olive cadute a terra precocemente. Sotto l’aspetto qualitativo si deve considerare che l’azione di nutrizione delle larve della mosca dell’olivo aumenta l’acidità dell’olio.
Per individuare la presenza dell’insetto in campo si utilizzano le trappole cromotropiche gialle adesive (le trovi a questo link). Queste sono rivestite di sostanze appiccicose che catturano e trattengono l’insetto.
Altro tipo di trappola sono quelle a feromoni. Queste contengono un feromone sintetico che riproduce l’attrattivo chimico che utilizzano le femmine di mosca dell’olivo per attrarre il maschio (le trovi a questo link). In fine un altro metodo di campionamento della mosca dell’olivo è attraverso l’uso di sostanze alimentari attrattive. Queste vengono poste in speciali contenitori o bottiglie nelle quali vengono versate delle soluzioni liquide proteiche o sali d’ammonio che fungono da esca. In alternativa si può utilizzare dell’ammoniaca (del tipo in uso per le pulizie, non profumata) con aggiunta di scarti pesce crudo (sarde, acciughe, piccoli pesci) che forniranno l’esca proteica che verranno posti all’interno di una bottiglia. Queste trappole di solito sono chiuse con uno speciale tappo color giallo che ha la funzione di impedire a l’acqua piovana e ai grossi insetti di entrare (vedi questo link).
La lotta contro la mosca dell’olivo prevede come obiettivo principale la riduzione del numero degli adulti e di conseguenza il numero di uova in campo. Il monitoraggio della presenza di adulti di Bactrocera oleae è il principale segnale da tenere in considerazione prima di adottare qualsiasi intervento.
Le armi a disposizione in agricoltura biologica sono la cattura massale degli individui adulti di mosca dell’olivo o l’utilizzo di esche proteiche avvelenate. In agricoltura convenzionale è possibile utilizzare alcuni insetticidi di contatto anche se l’uscita di scena dell’insetticida dimetoato ha reso la lotta contro la mosca ostica anche in agricoltura convenzionale.
La lotta consiste principalmente nella cattura massale degli adulti e nei trattamenti con esche proteiche avvelenate con Spinosad. (vedi il prodotto a questo link)
Da segnalare anche l’effetto sulla mosca dei trattamenti a base di rame che pare abbia effetto sulla ovideposizione e dei prodotti a base di caolino, prodotto corroborante di colore bianco latte che sembra sia in grado di mascherare alla vista delle femmine le olive e quindi rendendo l’ovideposizione più difficile.
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Cotonello dell’olivo
Il “cotonello dell’olivo” è un insetto parassita chiamato Euphyllura olivina, noto anche come cotonello o cotonello dell’olivo.
Gli adulti del cotonello dell’olivo si nutrono della linfa dell’ulivo, pungendo le foglie con un apparato boccale appositamente adattato per succhiare la linfa, detto appunto pungente-succhiante.
Il danno maggiore vine determinato dalle larve di prima e seconda generazione, le cui punture di alimentazione provocano danni diretti alla vegetazione che si manifesta con deformazione e crescita stentate delle parti colpite.
Le larve sono coperte da una tipica massa cerosa dall’aspetto cotonoso (vedi foto sottostante)
Se vengono attaccate le infiorescenze e le giovani olive, si può assistere a sterilità fiorale e cascola precoce.
I danni indiretti consisto nella produzione di melata, sostanza zuccherina appiccicosa che ricopre i tessuti vegetali nelle vicinanze del sito di alimentazione dell’insetto. Questa provoca ustioni dei tessuti per effetto lenente e sviluppo di fumagini che riducono l’attività fotosintetica delle foglie colpite.
Anche se negli ultimi anni i danni provocati dal cotonello sono in aumento, generalmente la presenza di questo insetto nell’oliveto non richiede trattamenti diretti. Questo perché i trattamenti insetticidi contro gli altri fitofagi dell’olivo come la mosca (vedi qui) hanno effetti secondari su questo insetto.
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