Le micorrize sono funghi ormai ampiamente utilizzati in agricoltura. Questo articolo spiegherà cosa sono, i loro benefici e come funzionano. Se sei interessato a come si utilizzano le micorrize nella moderna agricoltura vai direttamente all’ultima parte all’articolo (aggiornamento 2024)
Cosa sono le micorrize
Le micorrize sono funghi utili comunemente presenti nei terreni. A questi microrganismi sono associate diverse azioni positive attuate nei confronti di numerosissime piante, incluse quelle agrarie. I funghi micorrizici sono un esempio di endobiosi tra un fungo (simbionte) e una pianta (ospite) e rappresentano il classico caso di simbiosi mutualistica, ovvero di interazione di organismi diversi finalizzata al mutuo beneficio.
Attraverso questa simbiosi mutualistica l’endofita (fungo) riceve sostegno trofico (alimentazione) dalla pianta, la quale a sua volta si avvantaggia di un migliorato assorbimento di elementi minerali e acqua, assicurandosi vigore vegetativo e resistenza ai parassiti. Entrambi gli organismi simbionti ricevono benefici fisiologici, nutrizionali ed ecologici.
Le micorrize sono classificate in ectomicorrize e endomicorrize. Alla prima appartengono molti funghi delle specie Basidiomiceti e Ascomiceti non in grado di penetrare l’interno delle cellule della pianta ospite (figura 1).

Figura 1 – Radice di zucchino con evidente presenza di micorrize. Nello specifico sono evidenti delle ectomicorrize che avvolgono la radice
La micorrizazione
Queste micorrize avvolgono le radici con la formazione di una struttura ifale detta micoclena o mantello. Successivamente da questa dipartono delle ife che si insinuano tra le cellule del parenchima corticale della radice; che rimanendo sempre all’esterno delle pareti cellulari formano quello che viene definito reticolo di Harting. È attraverso quest’ultima struttura che avvengono gli scambi di fontosintetati e gli elementi minerali tra pianta e fungo. Nelle endomicorrize (figura 2), invece, non si assiste alla formazione del mantello (o micoclena), ma queste sono in grado di interagire con le cellule della radice, penetrando in esse, (ma non oltrepassando la membrana plasmatica) e formando una struttura ifale ramificata detta arbuscolo. È attraverso quest’ultima struttura che avvengono gli scambi di nutrienti tra pianta e fungo.
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Figura 2 – Radice di zucchino con evidente presenza di micorrize. Nello specifico sono evidenti delle endomicorrize all’interno della radice
I vantaggi nell’uso delle micorrize
Assimilazione del fosforo
Il fosforo è uno degli elementi essenziali per la crescita delle piante assieme all’azoto e al potassio. Il fosforo a differenza di questi è quello maggiormente presente nelle forme meno disponibili alla pianta, trovandosi spesso in forme insolubili. L’abilità delle micorrize nel migliorare l’assorbimento e renderlo disponibile alle piante si esplica in due modi, il primo è attraverso l’aumento del volume di terreno esplorabile attuato dalla massa ifale. Queste si estendono oltre i confini dell’apparato radicale e quindi assorbono e traslocano alla pianta un volume di fosforo maggiore. Il secondo modo, il più interessante ed efficace è quello della capacità delle micorrize di secernere enzimi acidi come la fosfatasi. Questi ennesimi permettono il rilascio in forme solubili di fosforo organico Che altrimenti non sarebbe disponibile alla pianta.
Riduzione dello stress idrico
Le piante micorrizate si avvantaggiano di un miglior regime nutrizionale in quanto la rete di ife extraradicali permette una più ampia capacità di colonizzazione del suolo, a questo ne consegue anche un maggior apporto idrico per la pianta. Le ife hanno un diametro minore delle radici fini e di conseguenza riescono a penetrare nei pori del terreno di più piccola dimensione, riuscendo ad assorbire nutrienti lì dove la pianta non può.
Tolleranza agli stress salini
Questo sistema fa si che le piante micorrizate riescano a tollerare maggiormente anche gli stress salini. Le micorrize influenzano indirettamente la crescita della pianta favorendo la strutturazione del suolo e migliorando la stabilità degli aggregati attraverso l’aumento del livello di carbonio nel suolo (i funghi micorrizici arbuscolari possono rappresentare oltre il 50% della biomassa totale microbica del suolo) e il rilascio di sostanze cementanti degli aggregati del terreno (ad esempio la glomalina).
Aumento della resistenza alle malattie
In fine diversi studi hanno dimostrato che le piante micorrizate possiedono una maggiore resistenza nei confronti delle fitopatologie, ne diminuiscono l’incidenza e la gravità come nel caso delle malattie telluriche e da nematodi. Ciò sarebbe dovuto al fitto strato di ife della micorriza attorno alle radici che renderebbe più difficile la penetrazione dei patogeni su queste. Alcuni hanno dimostrato che la formazione delle micorrize
induce nella pianta una resistenza di tipo sistemico (ISR). Tale meccanismo indotto dalla presenza della micorriza attiverebbe nella pianta i meccanismi di difesa naturali anche in assenza di un patogeno portando così le piante a reagire più velocemente contro un’eventuale e successiva minaccia di tipo patogeno. Infine ricordiamo che gioca un ruolo fondamentale la migliorata nutrizione delle piante ad opera delle micorrize. E’ ampiamente noto come piante ben nutrite siano meno soggette alle malattie. Una nota particolare; le micorrize non hanno attività di predazione diretta contro il patogeni come avviene nel Trichoderma, questo infatti è un fungo specializzato in tale attività e quindi venduto anche come biofungicida.
Elementi che svantaggiano le micorrizze
La micorrizazione è svantaggiata se nel suolo sono presenti elementi nutritivi in elevata disponibilità, specialmente se di fosforo solubile. Poiché la mia micorizzazione è una simbiosi che ha un costo energetico per la pianta, se questa trova fosforo facilmente assimilabile nel terreno potrebbe rifiutare o diminuire drasticamente la simbiosi con la micorriza. Elementi non prontamente disponibili come nel caso dei fertilizzanti organici hanno un effetto negativo molto meno drastico nei confronti della micorrizazione. Per cui vale la regola di limitare le concimazioni nei primi 3-4 giorni dopo l’inoculo del fungo.
Anche i fungicidi possono inibire lo sviluppo delle micorrize se la simbiosi non è ancora avvenuta, specialmente se usati come concianti delle sementi. Avvenuta la simbiosi molti principi attivi fungicidi sembra non abbiano influenze negative su questi. Le piante appartenenti alle famiglie delle Chenopodiaceae e Brassicaceae non vengono micorrizate e quindi non favorisco all’incremento dell’inoculo di questi funghi.
Inoltre anche le continue lavorazioni e il set aside (la non lavorazione del terreno per diversi anni) determinano una riduzione dell’attività delle micorrize. Al contrario, l’avvicendamento con leguminose molto recettive alla micorrizazione (Trifolium spp., Medicago spp., Vicia spp.) favorisce l’istaurarsi di un inoculo potenziale di funghi micorrizici nel suolo che può essere vantaggiosamente sfruttato da una coltura in successione particolarmente dipendente dalla micorrizazione (patata, cipolla, ecc.).
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Come si usano le micorrize in modo corretto
I campi di applicazione delle micorrize sono ampi, e vanno dall’orticoltura fino alla vite. Specialmente i frutteti e i vigneti si avvantaggiano della micorrizazione. Pomodoro, melanzane e zucchine sono tra le ortive che più acquisiscono benefici dalle micorrize. Le micorrize possono essere applicate al suolo attraverso gli inoculi micorrizici, per capire quindi il loro uso corretto bisogna innanzitutto capire in che modo sono disponibili in commercio.

Uso delle micorrize in fase di trapianto. La foto mostra l’inoculo di micorrize (particelle bianche) in buca di trapianto di una barbatella di vite.
Questi possono essere in diverse formulazioni come liquidi concentrati, polveri, granuli e microgranuli. Generalmente gli inoculi sotto forma di granuli e i microgranuli vengono distribuiti prima della semina/trapianto della coltura che si vuole micorrizare. Per esempio durante la messa a dimora di un meleto o di un vigneto (o di qualsiasi frutteto), queste vengono poste nella buca di trapianto coperte con un leggero strato di terra, per poi procedere con la messa a dimora della pianta.
Le formulazioni liquide e polveri solubili possono essere applicate subito dopo la semina/trapianto o distribuite anche successivamente nel corso della coltura attraverso l’impianto di irrigazione. Questa tipologia è utile per fare un secondo intervento di richiamo, utilizzando il sistema di irrigazione localizzato. Le micorrize di solito sono vendute in miscela con altri microrganismi su matrice organica (tipo questo), che funge anche da concime oppure in microgranuli (tipo questo)
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In linea generale possiamo dire che per un frutteto (o vigneto) sono necessari almeno due interventi di micorrizazione per essere sicuri di una buona riuscita. l’utilizzo di un apporto di sostanza organica in fase di trapianto non danneggia le micorrize. Per contro, la somministrazione di elevate dosi di azoto e soprattutto di fosforo assimilabile deprime la micorrizazione. Vanno quindi evitati nella prima fase della coltura gli apporti di questi elementi e questo è fondamentale da capire per il loro uso corretto. Per quanto riguarda le ortive a seconda della tipologia di coltura si preferisce non andare oltre la seconda somministrazione e in molti casi si ha un solo inoculo per via del breve ciclo di vita di alcune colture.
Ricordarsi che la somministrazione per irrigazione delle micorrize può intasare i filtri dell’impianto che vano rimossi o cambiati. Per ogni tipologia di prodotto si deve far riferimento a quanto riportato sull’etichetta del prodotto commerciale, sia per quanto riguarda dosi che metodi di applicazione al suolo.